Questa tradizione è tutta vittoriese ed esiste praticamente dalla fondazione.
Dal 1657 la Congregazione del SS.mo Crocifisso ebbe il compito di fare una processione solenne il Venerdì santo dalla Chiesa madre al Calvario e ritorno.
La Congregazione del SS. Crocifisso di Vittoria Fondata il 20 maggio del 1644 dal Ven. Padre Luigi La Nuza S.J. con il nome di Congregazione Secreta de' 33. Riformata nel 1657, sempre dai Padri Gesuiti, nel 1678 venne aggregata all'Arciconfraternita del SS. Crocifisso di S. Marcello al Corso in Roma. Da allora, la congregazione ha sfidato le avversità e i rivolgimenti politici, riuscendo a sopravvivere a tutte le altre confraternite (più di una dozzina), presenti a Vittoria.
Ha istitutito e tramandato, quasi senza alcun cambiamento, l'organizzazione delle processioni del Venerdì Santo a Vittoria, quella del Mezzogiorno con cui si accompagna il Divino Simulacro al Calvario e quella della sera quando, conclusa la Sacra Rappresentazione così come l'Urna, i fercoli e addirittura lo stesso Calvario. Dalla fondazione a oggi, la Congregazione ha riunito tutti i maggiorenti della città che gareggiavano nelle donazioni affinchè quella che il popolo chiamava, allora come oggi, "a festa ro Signuri" divenisse sempre più sfarzosa e coinvolgente, riuscendo ad essere, insieme a quella del Santo Patrono, San Giovanni Battista, la più partecipata e la più amata dai Vittoriesi.
La processione del Venerdì Santo, a partire dal 1669, fu arricchita da una recita incentrata sul dramma della passione in versi dialettali recitati da popolani. Nel 1834, la Congregazione fece costruire un'urna in legno per trasportare il Cristo morto e deposto dalla croce e nel 1858 la sacra rappresentazione fu incentrata sul dramma scritto dal marchese Alfonso Ricca, ancora oggi in uso.
I Parti rappresentano la tradizione più sentita e amata dai vittoriesi, unica nel panorama della provincia in cui si preferisce festeggiare la domenica di Pasqua. Una tradizione, quella vittoriese, che deriva forse dalla religiosità spagnolesca del Seicento, tutta mirante al sangue e al dramma della morte più che alla resurrezione.
I parti si snodano attorno allo scritto del marchese Alfonso Ricca (1791-1850) vittoriese, fratello della madre del Barone Serafino Amabile Guastella, demologo chiaramontano del secolo scorso, scrittore, poeta e saggista di chiara fama.
Il Ricca, viene tratteggiato come amante delle lettere, di media cultura, di idee politiche improntate a principi di libertà. Oltre al Dramma Sacro non si ha notizia di altri suoi scritti. Il componimento trova la sua prima messainscena nove anni dopo la morte del suo autore (1859) e da allora viene sempre rappresentato, esclusi i periodi delle due guerre e il 1957 quando non si ebbe Sacra Rappresentazione.
E' composto da 450 versi endecasillabi sciolti, di stile ottocentesco e romantico, con talune peculiarità morfologiche e tematiche che rivelano un gusto per le figure retoriche, per l'enfasi e la declamazione, per una non sempre spontanea versificazione metrica. Il testo echeggia, in qualche caso trascrive, sintagmi, locuzioni, termini, che si ispirano a indubitabili se-dimentazioni classiche alle quali l'autore inclinava.
Vari ricercatori ribadiscono l'ispirarsi della scrittura del Ricca a una sacra rappresentazione "Il riscatto di Adamo nella morte di Gesù", di Filippo Orioles, più nota come Mortorio di Cristo, largamente diffusa e conosciuta in Sicilia fin dal 1750.
Dei dicannove personaggi del dramma dell'Orioles ben dieci si ritrovano nel testo del Ricca. Le tematiche che l'opera approfondisce non hanno spessore sacro.
Presentano piuttosto una religiosità epidermica su elementi dialettici manichei e contraddittori. Se si escludono alcuni segmenti di vero slancio drammatico in Maria e in quella figura di antieroe che è il bieco Misandro, gli altri personaggi risultano abbastanza convenzionali, nella cui verbalità primeggia un miracolismo ricorrente, riconosciuto come motivo primario di universalità del messaggio cristiano e di grandezza del suo pronunciatore.
fonte sito del comune
Dal 1657 la Congregazione del SS.mo Crocifisso ebbe il compito di fare una processione solenne il Venerdì santo dalla Chiesa madre al Calvario e ritorno.
La Congregazione del SS. Crocifisso di Vittoria Fondata il 20 maggio del 1644 dal Ven. Padre Luigi La Nuza S.J. con il nome di Congregazione Secreta de' 33. Riformata nel 1657, sempre dai Padri Gesuiti, nel 1678 venne aggregata all'Arciconfraternita del SS. Crocifisso di S. Marcello al Corso in Roma. Da allora, la congregazione ha sfidato le avversità e i rivolgimenti politici, riuscendo a sopravvivere a tutte le altre confraternite (più di una dozzina), presenti a Vittoria.
Ha istitutito e tramandato, quasi senza alcun cambiamento, l'organizzazione delle processioni del Venerdì Santo a Vittoria, quella del Mezzogiorno con cui si accompagna il Divino Simulacro al Calvario e quella della sera quando, conclusa la Sacra Rappresentazione così come l'Urna, i fercoli e addirittura lo stesso Calvario. Dalla fondazione a oggi, la Congregazione ha riunito tutti i maggiorenti della città che gareggiavano nelle donazioni affinchè quella che il popolo chiamava, allora come oggi, "a festa ro Signuri" divenisse sempre più sfarzosa e coinvolgente, riuscendo ad essere, insieme a quella del Santo Patrono, San Giovanni Battista, la più partecipata e la più amata dai Vittoriesi.
La processione del Venerdì Santo, a partire dal 1669, fu arricchita da una recita incentrata sul dramma della passione in versi dialettali recitati da popolani. Nel 1834, la Congregazione fece costruire un'urna in legno per trasportare il Cristo morto e deposto dalla croce e nel 1858 la sacra rappresentazione fu incentrata sul dramma scritto dal marchese Alfonso Ricca, ancora oggi in uso.
I Parti rappresentano la tradizione più sentita e amata dai vittoriesi, unica nel panorama della provincia in cui si preferisce festeggiare la domenica di Pasqua. Una tradizione, quella vittoriese, che deriva forse dalla religiosità spagnolesca del Seicento, tutta mirante al sangue e al dramma della morte più che alla resurrezione.
I parti si snodano attorno allo scritto del marchese Alfonso Ricca (1791-1850) vittoriese, fratello della madre del Barone Serafino Amabile Guastella, demologo chiaramontano del secolo scorso, scrittore, poeta e saggista di chiara fama.
Il Ricca, viene tratteggiato come amante delle lettere, di media cultura, di idee politiche improntate a principi di libertà. Oltre al Dramma Sacro non si ha notizia di altri suoi scritti. Il componimento trova la sua prima messainscena nove anni dopo la morte del suo autore (1859) e da allora viene sempre rappresentato, esclusi i periodi delle due guerre e il 1957 quando non si ebbe Sacra Rappresentazione.
E' composto da 450 versi endecasillabi sciolti, di stile ottocentesco e romantico, con talune peculiarità morfologiche e tematiche che rivelano un gusto per le figure retoriche, per l'enfasi e la declamazione, per una non sempre spontanea versificazione metrica. Il testo echeggia, in qualche caso trascrive, sintagmi, locuzioni, termini, che si ispirano a indubitabili se-dimentazioni classiche alle quali l'autore inclinava.
Vari ricercatori ribadiscono l'ispirarsi della scrittura del Ricca a una sacra rappresentazione "Il riscatto di Adamo nella morte di Gesù", di Filippo Orioles, più nota come Mortorio di Cristo, largamente diffusa e conosciuta in Sicilia fin dal 1750.
Dei dicannove personaggi del dramma dell'Orioles ben dieci si ritrovano nel testo del Ricca. Le tematiche che l'opera approfondisce non hanno spessore sacro.
Presentano piuttosto una religiosità epidermica su elementi dialettici manichei e contraddittori. Se si escludono alcuni segmenti di vero slancio drammatico in Maria e in quella figura di antieroe che è il bieco Misandro, gli altri personaggi risultano abbastanza convenzionali, nella cui verbalità primeggia un miracolismo ricorrente, riconosciuto come motivo primario di universalità del messaggio cristiano e di grandezza del suo pronunciatore.
fonte sito del comune