ll Castello Maniace sorge sulla punta estrema di Ortigia, a controllo del porto e della città di Siracusa. Fu costruito per volontà di Federico II, tra il 1232 e il 1240, in osservanza a precise regole di razionalità, geometria, simmetria.
L’edificio è a pianta quadrata, chiuso da un possente muro perimetrale con quattro torri cilindriche agli angoli. All’esterno era visibile un grandioso basamento a scarpa, che è poi, andato interrato. Il nome riconduce al generale bizantino Giorgio Maniace, che nel 1038 riconquistò la città agli Arabi.
L’ingresso al Castello è segnato da un portale marmoreo a struttura ogivale, con strombatura. Sopra l’arco domina lo stemma spagnolo, che fu posto nel 1614. Ai lati del portale vi sono le due nicchie, destinate a contenere, su mensole aggettanti, i due arieti di bronzo che ebbero complesse vicende e di cui uno solo superstite è oggi visibile al Museo Salinas di Palermo. Recentemente è stata eseguita una copia dell’originale palermitano, donata dal Rotary Club di Siracusa e che, ultimati i lavori di restauro, verrà ricollocata sulla mensola originaria.
Oltrepassata la porta si entra in un cortile che è il risultato di distruzioni ed riedificazioni varie, successive alla costruzione sveva. Le due navate superstiti coperte da volte a crociera, lungo il lato meridionale, sono quello che sopravvive della costruzione originaria.
All’interno l’ambiente doveva apparire come un’unica sala scandita da 16 colonne libere, 4 semicolonne angolari e 16 semicolonne perimetrali, che sorreggevano 25 campate, coperte da volte a crociera costolonate Quattro monumentali camini segnavano gli angoli delle pareti. La campata centrale è stata interpretata come cortile a cielo aperto, con vasca centrale. Il carattere strutturale diverso delle colonne della campata centrale, costituite da colonne monolitiche di granito accostate, darebbe credito all’ipotesi scaturita in seguito a recenti esplorazioni, di una campata centrale coperta come le altre, ma più enfatizzata.
Agli angoli della sala, i tre gruppi di scale superstiti - torri sud, nord ed est - sono preceduti e separati dai vani per i servizi da un vestibolo, con volta a botte ripartita in due crociere impostate su peducci a goccia; nel vano servizio invece, i costoloni della crociera scaricano su peducci con la parte terminale a rilievo, arricchita da figure scultoree varie ( leoni affrontati, un telamone, testa raffigurante forse Federico giovane).
Le scale sono composte da blocchi monolitici da cui è ricavato il gradino e la porzione di cilindro, la sovrapposizione dei quali determina lo sviluppo del pilastro centrale, elemento portante della scala, e la successione dei gradini con andamento radiale. Le colonne, di forma cilindrica, sono realizzate in pietra calcarea, poggiano su piedistalli poligonali e terminano in capitelli con due, tre e quattro ordini di foglie che, larghe alla base si richiudono in cima a crochet, dove sono rappresentate scene agresti, figure umane, serpenti.
Sopra l’abaco del capitello s’innalzano i costoloni a sezione quadrata ed angoli smussati, elementi caratterizzanti delle crociere della sala: le volte sono ottenute da conci in calcarenite e pietra pomice lavica disposti a spina-pesce e messi in opera con malta.
Le pareti mostrano una tessitura muraria a conci sfalsati; anche le semicolonne dei muri perimetrali mantengono inalterato questo tratto, in modo da garantire la connessione e la continuità del paramento murario.
In corrispondenza al portale d’ingresso si trova l’uscita posteriore che conduce sulla punta del promontorio.
Da questa parte, oltre l’edificio federiciano, nel XVI secolo s’impiantarono le batterie di cannoni, per collegarlo al resto delle fortificazioni cittadine. Superato il fossato su cui passa un ponte, fu realizzata la porta, attribuita a Giovanni Vermexio. Nel XVII secolo il Grunemberg dotò l’estremità del promontorio di una difesa a punta di diamante e costruì due semibaluardi nella parte antistante l’ingresso al Castello. Infine, in età borbonica, fu costruita la casamatta, recentemente restaurata e restituita alla fruizione.
La difesa della città di Siracusa era organizzata intorno a due punti strategici: un castrum - il Castello Marchetti demolito tra il 1577 ed il 1578 - e un palatium - il Castello Maniace. Il primo controllava l’accesso alla città dalla terraferma; il secondo controllava l’accesso dal mare.
Il castello Maniace era già in costruzione nel 1239.
L’attuale complesso è l’insieme di tre blocchi costruttivi: il castello svevo, il bastione della Vignazza ed il cortile di collegamento con la città.
Il Maniace era destinato a far parte della difesa dell’area meridionale dell’impero di Federico II, rappresentando anche una residenza per la corte itinerante del re e per le riunioni del Parlamento.
Nel XV secolo l’edificio venne adibito a prigione e la regina Bianca di Navarra ordinò la costruzione di un controbaglio.
Nel XVI secolo il castello fu destinato a funzioni militari; ci si accorse che poteva essere dotato di artiglieria ed armato con batterie di cannoni, per respingere gli attacchi provenienti dal mare.
Si devono al Vicerè Gonzaga i primi progetti di rimaneggiamento del castello. La nuova cinta difensiva, compiuta già nel 1576, non comprendeva la parte più avanzata della scogliera e neppure l'area antistante il castello; era stato aggiunto solo un barbacane.
In seguito venne rafforzato dotandolo di nuove opere realizzando dei terrapieni e dei parapetti per la difesa verso la città. La piattaforma della Vignazza, posta verso il mare e che nei progetti (Cesano e Spannocchi) doveva coprire tutta la scogliera, si ridusse ad un’opera di appena sei canne.
Al Grunenbergh spetterà, nel XVII secolo, il completamento delle opere di difesa del castello regolarizzando la cinta dinanzi al castello costruendo un'opera a corno, composta da due semibaluardi.
La difesa della Vignazza fu completata con la costruzione della punta di diamante.
Nel 1704 un esplosione provocò ingenti danni all'edificio. Vennero distrutte otto volte a crociera e si decise di demolirne sei sul lato ovest del castello, per creare nuovi spazi, ampliando il cortile e lasciando intatte solo dieci volte.
Nel 1837 il Marchese del Carretto ordinò la costruzione di un campo trincerato che collegasse il castello e le due cinte, per restituire alla guarnigione il controllo della città.
Nel 1839 il progetto difensivo fu completato con la costruzione di casematte a due ordini di fuoco sulla Vignazza.
fonte: regione.sicilia.it/beniculturali/
L’edificio è a pianta quadrata, chiuso da un possente muro perimetrale con quattro torri cilindriche agli angoli. All’esterno era visibile un grandioso basamento a scarpa, che è poi, andato interrato. Il nome riconduce al generale bizantino Giorgio Maniace, che nel 1038 riconquistò la città agli Arabi.
L’ingresso al Castello è segnato da un portale marmoreo a struttura ogivale, con strombatura. Sopra l’arco domina lo stemma spagnolo, che fu posto nel 1614. Ai lati del portale vi sono le due nicchie, destinate a contenere, su mensole aggettanti, i due arieti di bronzo che ebbero complesse vicende e di cui uno solo superstite è oggi visibile al Museo Salinas di Palermo. Recentemente è stata eseguita una copia dell’originale palermitano, donata dal Rotary Club di Siracusa e che, ultimati i lavori di restauro, verrà ricollocata sulla mensola originaria.
Oltrepassata la porta si entra in un cortile che è il risultato di distruzioni ed riedificazioni varie, successive alla costruzione sveva. Le due navate superstiti coperte da volte a crociera, lungo il lato meridionale, sono quello che sopravvive della costruzione originaria.
All’interno l’ambiente doveva apparire come un’unica sala scandita da 16 colonne libere, 4 semicolonne angolari e 16 semicolonne perimetrali, che sorreggevano 25 campate, coperte da volte a crociera costolonate Quattro monumentali camini segnavano gli angoli delle pareti. La campata centrale è stata interpretata come cortile a cielo aperto, con vasca centrale. Il carattere strutturale diverso delle colonne della campata centrale, costituite da colonne monolitiche di granito accostate, darebbe credito all’ipotesi scaturita in seguito a recenti esplorazioni, di una campata centrale coperta come le altre, ma più enfatizzata.
Agli angoli della sala, i tre gruppi di scale superstiti - torri sud, nord ed est - sono preceduti e separati dai vani per i servizi da un vestibolo, con volta a botte ripartita in due crociere impostate su peducci a goccia; nel vano servizio invece, i costoloni della crociera scaricano su peducci con la parte terminale a rilievo, arricchita da figure scultoree varie ( leoni affrontati, un telamone, testa raffigurante forse Federico giovane).
Le scale sono composte da blocchi monolitici da cui è ricavato il gradino e la porzione di cilindro, la sovrapposizione dei quali determina lo sviluppo del pilastro centrale, elemento portante della scala, e la successione dei gradini con andamento radiale. Le colonne, di forma cilindrica, sono realizzate in pietra calcarea, poggiano su piedistalli poligonali e terminano in capitelli con due, tre e quattro ordini di foglie che, larghe alla base si richiudono in cima a crochet, dove sono rappresentate scene agresti, figure umane, serpenti.
Sopra l’abaco del capitello s’innalzano i costoloni a sezione quadrata ed angoli smussati, elementi caratterizzanti delle crociere della sala: le volte sono ottenute da conci in calcarenite e pietra pomice lavica disposti a spina-pesce e messi in opera con malta.
Le pareti mostrano una tessitura muraria a conci sfalsati; anche le semicolonne dei muri perimetrali mantengono inalterato questo tratto, in modo da garantire la connessione e la continuità del paramento murario.
In corrispondenza al portale d’ingresso si trova l’uscita posteriore che conduce sulla punta del promontorio.
Da questa parte, oltre l’edificio federiciano, nel XVI secolo s’impiantarono le batterie di cannoni, per collegarlo al resto delle fortificazioni cittadine. Superato il fossato su cui passa un ponte, fu realizzata la porta, attribuita a Giovanni Vermexio. Nel XVII secolo il Grunemberg dotò l’estremità del promontorio di una difesa a punta di diamante e costruì due semibaluardi nella parte antistante l’ingresso al Castello. Infine, in età borbonica, fu costruita la casamatta, recentemente restaurata e restituita alla fruizione.
La difesa della città di Siracusa era organizzata intorno a due punti strategici: un castrum - il Castello Marchetti demolito tra il 1577 ed il 1578 - e un palatium - il Castello Maniace. Il primo controllava l’accesso alla città dalla terraferma; il secondo controllava l’accesso dal mare.
Il castello Maniace era già in costruzione nel 1239.
L’attuale complesso è l’insieme di tre blocchi costruttivi: il castello svevo, il bastione della Vignazza ed il cortile di collegamento con la città.
Il Maniace era destinato a far parte della difesa dell’area meridionale dell’impero di Federico II, rappresentando anche una residenza per la corte itinerante del re e per le riunioni del Parlamento.
Nel XV secolo l’edificio venne adibito a prigione e la regina Bianca di Navarra ordinò la costruzione di un controbaglio.
Nel XVI secolo il castello fu destinato a funzioni militari; ci si accorse che poteva essere dotato di artiglieria ed armato con batterie di cannoni, per respingere gli attacchi provenienti dal mare.
Si devono al Vicerè Gonzaga i primi progetti di rimaneggiamento del castello. La nuova cinta difensiva, compiuta già nel 1576, non comprendeva la parte più avanzata della scogliera e neppure l'area antistante il castello; era stato aggiunto solo un barbacane.
In seguito venne rafforzato dotandolo di nuove opere realizzando dei terrapieni e dei parapetti per la difesa verso la città. La piattaforma della Vignazza, posta verso il mare e che nei progetti (Cesano e Spannocchi) doveva coprire tutta la scogliera, si ridusse ad un’opera di appena sei canne.
Al Grunenbergh spetterà, nel XVII secolo, il completamento delle opere di difesa del castello regolarizzando la cinta dinanzi al castello costruendo un'opera a corno, composta da due semibaluardi.
La difesa della Vignazza fu completata con la costruzione della punta di diamante.
Nel 1704 un esplosione provocò ingenti danni all'edificio. Vennero distrutte otto volte a crociera e si decise di demolirne sei sul lato ovest del castello, per creare nuovi spazi, ampliando il cortile e lasciando intatte solo dieci volte.
Nel 1837 il Marchese del Carretto ordinò la costruzione di un campo trincerato che collegasse il castello e le due cinte, per restituire alla guarnigione il controllo della città.
Nel 1839 il progetto difensivo fu completato con la costruzione di casematte a due ordini di fuoco sulla Vignazza.
fonte: regione.sicilia.it/beniculturali/